Devo essere onesta: sin dall’inizio, quando mi è stata fatta la proposta di essere rappresentante del gruppo, ho detto di no, non volevo perché avevo paura di non essere in grado perché sono entrata in OA da appena 6 mesi e non capivo bene le regole ed i meccanismi che la caratterizzano, per cui ho escluso subito di farlo.
Però il partecipare all’Assemblea mi attirava, desideravo capirne di più e sarei andata come semplice uditrice. Poi, dopo un paio di settimane, ho capito che c’era questo statuto da votare per apportare una serie di modifiche alla struttura di OA italiana, ma si doveva arrivare al numero legale, per cui c’era il rischio che l’assemblea risultasse inutile. Lì ho rivisto la mia posizione, ho pensato che quello poteva essere servizio e, visto che io ne facevo molto poco, mi sono fatta una domanda: “poteva essere quella una occasione per fare servizio?” Ho capito di sì, e alla proposta di fare il rappresentante e dare un contributo al numero legale ho accettato.
Durante il viaggio verso Imola ho ascoltato molto tutto ciò che le mie compagne di viaggio dicevano e mi rendevo conto che capivo poco, che non sapevo nulla di questi gruppi, sottogruppi e di tutta questa gerarchia “capovolta” per cui il presidente conta meno o allo stesso modo di qualsiasi altra persona in OA. E poi venivano nominati altri incontri importanti che si sarebbero svolti in seguito e tutti quei nomi non facevano altro che crearmi confusione e confermare che io non sapevo proprio niente e che forse avevo sbagliato ad accettare di fare quel servizio. Ma ormai il gioco era iniziato e dovevo partecipare con il sorriso.
Non nascondo che ero fortemente agitata e timorosa di quello che avrei potuto combinare, ma ho confidato nell’aiuto che avrei ricevuto dalla mia compagna di gruppo e che se ci fosse stato bisogno sarei stata aiutata. Ne ho parlato anche con mio figlio che sa di questo mio percorso in OA e mi dà sempre spinte positive a continuare.
Perciò alla fine ero contenta di aver accettato e la mattina che sono partita in auto con altre persone mi sentivo bene, quasi orgogliosa di fare una cosa che sarebbe stata apprezzata.
Avrei anche avuto il compito di ritirare la letteratura ordinata, avrei dovuto pagare e questo mi creava un po’ di ansia.
Arrivata all’hotel mi sono subito resa conto che si conoscevano tutti e tutti si salutavano con grande simpatia, anche affetto, e mi sono stupita della grande empatia che c’era. Si respirava aria di amicizia e grande accoglienza. Mi è piaciuto molto e mi sono sentita a mio agio fra persone sorridenti, disposte a conoscermi e accogliermi come se mi avessero sempre visto e conosciuto.
Ero anche emozionata e a volte mi sono sentita salire le lacrime agli occhi. Non ho avuto molte occasioni di conoscere così tante persone tutte insieme, ma un clima così sereno e socievole, secondo me, al di fuori di OA è difficile da trovare.
Piano piano mi sono state presentate tante persone fra cui quelle che hanno un ruolo più decisivo e che rivestono qualche carica importante, ma devo dire che più su era la carica più l’accoglienza nei miei confronti si dimostrava calda e affettuosa. Insomma ognuno si specchiava negli altri ritrovando in loro i propri stessi problemi e questo favoriva il lasciarsi andare e avere voglia di raccontarsi e condividere.
È stata una grande e piacevole sorpresa sentirmi bene tra tutte quelle persone che, pur essendo diverse, condividevano la malattia del mangiare compulsivo. Non c’era niente da nascondere, tutti potevano capire che cosa stavi dicendo e le emozioni, le delusioni, la paura e la vergogna che avevi provato nella vita.
È stata senza dubbio una forte ma positiva esperienza che mi ha reso cosciente di ciò che sono e della dura fatica per proseguire nel cammino sempre pieno di momenti insidiosi. Le mie insicurezze ci sono tutte sempre ogni giorno, ma nel gruppo di OA trovo anche delle soluzioni, la forza di accettarmi e lasciar andare il controllo.